RiEvoluzione Poetica

sabato 24 gennaio 2015

GENOCIDIO CANADESE

Abusi sessuali, sterilizzazioni di massa, assimilazioni forzate ed almeno 50mila bambini nativi morti nelle scuole cattoliche residenziali del Canada dal 1922 al 1984, senza contare tutti coloro che resteranno segnati per sempre, fisicamente e psicologicamente, dalle torture e dalle violenze subite. Nell'arco di quegli anni si è praticamente consumato un genocidio legalizzato su cui il mondo, soprattutto quello civilizzato, ha taciuto e continua a tacere.



di Marco Cinque

Da quando la tragedia delle violenze, delle sterilizzazioni, degli stupri e degli omicidi di bambini indigeni nelle scuole residenziali religiose canadesi (su 118 boarding schools, 79 erano cattoliche romane e dipendevano direttamente dalla Santa Sede) è stata resa pubblica, si sono espressi dubbi, ipotizzando una campagna di disinformazione o considerando la denuncia alla stregua di una strumentale esagerazione giornalistica: come si possono definire questi crimini, sempre che ci siano stati, addirittura un genocidio? E com’è stato possibile che nessuno tra religiosi, famiglie delle vittime e istituzioni, in tanti anni non abbiano mai denunciato le torture e gli omicidi perpetrati ai danni di decine di migliaia di bambini indiani? Ma basta approfondire molti aspetti del vecchio sistema legislativo canadese per avere le idee più chiare. Ad esempio, la Federal Indian Act del 1874, tutt’ora in vigore, ribadisce l’inferiorità legale e morale degli indigeni ed ha istituito il sistema delle scuole residenziali.




Poi la Gradual Civilization Act del 1857, legge che obbligava le famiglie indigene a firmare un documento che trasferiva alle scuole residenziali cristiane i diritti di tutela dei loro figli. Se ci si rifiutava c’era l’arresto immediato oltre a sanzioni economiche. Ma il trasferimento legale dei diritti di tutela dei minori si trasformava anche in trasferimento dei beni dei bambini deceduti, così le scuole residenziali hanno lucrato su quelle morti, appropriandosi di terre che poi rivendevano soprattuto alle multinazionali del legname.
Nella British Columbia, la Sterilization Law, approvata nel 1933 e tuttora attiva, ha consentito di far sterilizzare in maniera massiccia e pianificata qualsiasi ospite nativo delle scuole residenziali. Le sterilizzazioni sono state di frequente attuate nei confronti di interi gruppi di bambini indigeni quando questi avevano raggiunto la pubertà, in istituti quali la Provincial Training School di Red Deer, in Alberta, ed il Ponoka Mental Hospital. Probabilmente è proprio grazie a queste leggi che, all’interno delle scuole religiose, la certezza dell’impunità ha permesso che degli orrendi crimini venissero considerati semplici effetti collaterali di quel sistema.
Secondo un rapporto del dottor Peter Bryce, una buona parte delle morti dei bambini nativi nelle scuole residenziali avvenne a causa della tubercolosi. Era pratica corrente, documentata anche da un repertorio di immagini fotografiche, mescolare deliberatamente bambini sani a bambini malati. Una volta infettatati, agli ospiti degli istituti non venivano fornite cure ed erano lasciati morire. Già dal secondo decennio del secolo scorso i giornali canadesi affermavano che il tasso di mortalità dei bambini indigeni nelle boarding schools era superiore al 50% di quanti erano obbligati a frequentarle, cioè più di un bambino su due in quelle scuole ci moriva.
Oltre alle decine di migliaia di morti delle scuole residenziali, le conseguenze di questo genocidio si continuano a manifestare sui sopravvissuti, attualmente vittime di un contesto di assoluto degrado psicologico, sociale e ambientale, le cui condizioni sono definite da organismi per la tutela dei diritti umani delle Nazioni Unite, quelle di «una popolazione colonizzata al limite della sopravvivenza, con tutte le caratteristiche di una società da terzo mondo».
In merito alle scuse ufficiali dell’11/06/2008 che il presidente del Consiglio dei ministri, Stephen Harper, chiese a nome del governo canadese per gli abusi inflitti alle popolazioni indigene, è stato domandato all’ambasciatore canadese a Roma, James Fox, se in seguito ci fossero stati degli sviluppi: «La Legge Finanziaria 2010 del Governo canadese ha annunciato 199 milioni di dollari per i prossimi due anni per garantire la continuità dei servizi di igiene mentale e supporto emotivo forniti agli ex studenti e alle loro famiglie, nonché la tempestività ed efficienza delle erogazioni agli ex studenti», hanno scritto dall’ambasciata, specificando poi che «l’accordo di riconciliazione (Settlement Agreement) da corrispondere agli ex studenti che hanno risieduto presso una Scuola Residenziale Indiana, comprende elementi individuali e collettivi per il risarcimento».
Nonostante l’impegno del governo canadese riguardo i risarcimenti e la revisione di alcune leggi, non sono ancora giunte chiarificazioni in merito all’apertura di eventuali inchieste giudiziarie tese a stabilire le responsabilità dei crimini e degli omicidi avvenuti nelle boarding schools. Vale a dire che si ammettono i crimini senza però che vengano perseguiti coloro che li hanno commissionati e materialmente eseguiti.
Nessuna risposta è seguita invece alle domande rivolte all'ex papa Ratzinger e ai vertici vaticani da dodici anziani del Consiglio che rappresentano le nazioni Cree, Squamish, Haida e Metis e nessun riferimento o commento a questa tragedia risulta peraltro pervenuta dall'attuale Pontefice.
Tra le altre cose, gli anziani del Consiglio hanno chiesto di «identificare il posto dove sono sepolti i bambini morti, affinchè i loro resti vengano restituiti ai familiari per una degna sepoltura (…) Di identificare e consegnare le persone responsabili per queste morti (…) Di divulgare tutte le prove riguardanti questi decessi e i crimini commessi nelle scuole residenziali, consentendo il pubblico accesso agli archivi del Vaticano ed ai registri delle altre Chiese coinvolte (…) Di revocare le bolle pontificie Romanus Pontifex (1455) e Inter Catera (1493), e tutte le altre leggi che sanzionarono la conquista e la distruzione dei popoli indigeni non-cristiani nel Nuovo Mondo (…) Di revocare la politica del Vaticano che richiede che vescovi e preti tengano segrete le prove degli abusi subiti da bambini indigeni nelle loro chiese invitando le vittime al silenzio…».

 
IL MENU' DELLE TORTURE
Decine e decine di sopravvissuti provenienti da dieci diverse scuole residenziali della British Columbia e dell’Ontario hanno descritto sotto giuramento le seguenti torture, inflitte fra il 1922 e il 1984, a loro stessi e ad altri bambini, alcuni di soli cinque anni di età:
- Stringere fili e lenze da pesca attorno al pene dei bambini; - Inserire aghi nelle loro mani, guance, lingue, orecchie e pene;
- Tenerli sospesi sopra tombe aperte minacciando di seppellirli vivi;
- Costringerli a mangiare cibo pieno di vermi o rigurgitato;
- Dire loro che i genitori erano morti o che stavano per essere uccisi;
- Denudarli di fronte alla scolaresca riunita e umiliarli verbalmente e sessualmente;
- Costringerli a stare eretti per oltre 12 ore di seguito sino a quando non crollavano;
- Immergerli nell’acqua ghiacciata;
- Costringerli a dormire all’aperto durante l’inverno;
- Strappare loro i capelli dalla testa;
- Sbattere ripetutamente le loro teste contro superfici in muratura o in legno;
- Colpirli quotidianamente senza preavviso tramite fruste, bastoni, finimenti da cavallo, cinghie metalliche, stecche da biliardo e tubi di ferro;
- Estrarre loro i denti senza analgesici;
- Rinchiuderli per giorni in stanzini non ventilati senza acqua né cibo;
- Somministrare loro regolarmente scosse elettriche alla testa, ai genitali e agli arti.

LE TESTIMONIANZE

«Quando avevo sei anni, proprio davanti ai miei occhi vidi una suora ammazzare una bambina. Era suor Pierre, ma il suo vero nome era Ethel Lynn. La bambina che uccise si chiamava Elaine Dik e aveva cinque anni. La suora la colpì con violenza dietro il collo e io udii quell’orribile schiocco. Morì proprio dinanzi a noi. Poi la suora ci disse di scavalcarne il corpo e andare in classe. Era il 1966».
(Steven H., St Paul’s Catholic day School, North Vancouver)


«Nè io né nessuno dei miei fratelli potè avere figli dopo che fummo sottoposti ai raggi x nella scuola residenziale Carcross Angelican School, nello Yukon. Presero ognuno di noi e ci misero sotto la macchina a raggi x per 10-20 minuti. Proprio sulla zona pelvica. Avevo 10 anni. Io e i miei fratelli non avemmo mai figli». (Steve John, Denè Nation, 7 giugno 2005)

«Il primo a subire l’operazione fu il maggiore dei miei figli, quando aveva quattro anni. Era il 1975. Lo portarono via mentre io non ero in casa. Nel luglio del 1981 sterilizzarono il mio figlio più giovane, aveva nove anni. Lo portarono al Victoria General Hospital e lo tennero là per giorni. Nessuno dei due ragazzi può avere figli. Ci fecero questo perchè siamo discendenti dei capi originali, eredi di questi territori. Il governo sta ancora cercando di farci fuori». (Nomi non mostrati su richiesta) Vancouver Island, 18 maggio 2005

«Il dott. James Goodbrand sterilizzò molte delle nostre donne. Ho sentito personalmente Goodbrand dire che il governo lo pagava 300 dollari per ogni donna che sterilizzava».
(Sarah Modeste, Cowichan Nation, Vancouver Island, 12 agosto 2000)


«Mia sorella Maggie fu scaraventata da una suora dalla finestra del terzo piano della scuola di Kuper Island, e morì. Tutto venne insabbiato, né venne svolta alcuna indagine. All’epoca, essendo indiani, non potevamo assumere un avvocato e così non venne mai fatto alcunché».
(Bill Steward, Duncan, BC, 13 agosto 1998)


«Mio fratello morì a causa di una scossa elettrica data da un ago da bestiame. Aveva quattro anni, i pastori lo trascinarono e lo ferirono, gli tagliarono la pelle sotto la fronte con una frusta. Come la frusta dei cavalli. Era tagliente e aveva sopra delle lame. Io ero lì, lo sentivo gridare aiuto. Subito dopo c’era un mare di sangue sul pavimento, ma non lo portarono all’ospedale, in infermeria o altrove, e quello accadde allora, quando ero lì. Lo sento ancora che grida aiuto: “Rick, aiuto, mi stanno torturando! Sto morendo!”. E poi morì. Era il mio unico.. Il mio unico… Il mio miglior amico e il mio unico fratello che ho sempre amato».
(Rick La Vallee, Portage La Praire Residential School - Catholic Curch).


«Avevo soltanto otto anni, e ci avevano mandato dalla scuola residenziale anglicana di Alert Bay al Nanaimo Indian Hospital, quello gestito dalla Chiesa Unitaria. Lì mi hanno tenuto in isolamento in una piccola stanza per più di tre anni, come se fossi un topo da laboratorio, somministrandomi pillole e facendomi iniezioni che mi facevano star male. Due miei cugini fecero un gran chiasso, urlando e ribellandosi ogni volta. Così le infermiere fecero loro delle iniezioni, ed entrambi morirono subito. Lo fecero per farli stare zitti».
(Jasper Jospeh, Port Hardy, British Columbia 10 novembre 2000)


«Una sorta di accordo sulla parola fu in vigore per molti anni: le chiese ci fornivano i bambini dalle scuole residenziali e noi incaricavamo l’RCMP di consegnarli a chiunque avesse bisogno di un’infornata di soggetti da esperimento: in genere medici, a volte elementi del Dipartimento della Difesa. I cattolici lo fecero ad alto livello nel Quebec, quando trasferirono in larga scala ragazzi dagli orfanotrofi ai manicomi. Lo scopo era il medesimo: sperimentazione. A quei tempi i settori militari e dell’Intelligence davano molte sovvenzioni: tutto quello che si doveva fare era fornire i soggetti. I funzionari ecclesiastici erano più che contenti di soddisfare quelle richieste. Non erano solo i presidi delle scuole residenziali a prendere tangenti da questo traffico: tutti ne approfittavano, e questo è il motivo per cui la cosa è andata avanti così a lungo; essa coinvolge proprio un sacco di alti papaveri». (Dai fascicoli riservati del tribunale dell’IHRAAM, contenenti le dichiarazioni di fonti confidenziali, 12-14 giugno 1998)

* Testo tratto da miei articoli e reportage pubblicati su “il manifesto” del 6 aprile e del 21 settembre 2010)