RiEvoluzione Poetica

venerdì 20 gennaio 2017

L'ultimo atto di Obama

Marco Cinque

Poteva essere il canto del cigno per il presidente uscente Barak Obama, invece il suo rifiuto di concedere la grazia al prigioniero politico Lakota, Leonard Peltier, in carcere da 40 anni e gravemente malato, è stato l’ultimo atto, che sarà il sigillo emblematico dei suoi due mandati, costellati da molte ombre e poche luci.
"Siamo profondamente addolorati per la notizia che il presidente Obama non permetterà a Leonard di tornare a casa" ha affermato Margaret Huang, direttore esecutivo di Amnesty International Usa, aggiungendo che "nonostante le gravi perplessità circa l'equità dei procedimenti legali che hanno portato al suo processo e alla sua condanna, Peltier è stato imprigionato per più di 40 anni. Egli ha sempre sostenuto la sua innocenza. Le famiglie degli agenti dell'FBI che sono stati uccisi nel corso della sparatoria di Pine Ridge tra FBI e American Indian Movement (Aim), nel 1975, hanno diritto alla giustizia, ma questa non sarà ottenuta continuando a tenerlo in prigione".
Riguardo alla vicenda giudiziaria in questione, nel 2003 i giudici del 10° Circuito dichiararono: "Gran parte del comportamento del governo nella riserva di Pine Ridge su quanto è accaduto a proposito del Sig Peltier, è da condannare. Il governo ha trattenuto delle prove. Ha intimidito testimoni. Questi fatti non sono contestabili”.
Prima della decisione di Obama, Martin Garbus, l'avvocato di Peltier, aveva scritto su Democracy Now: “un rifiuto di Obama di concedere la grazia a Leonard equivarrebbe a decretare la sua morte”. Purtroppo una mail giuntagli dall’Ufficio del Procuratore per la concessione della Grazia gli ha notificato la decisione: “La domanda di commutazione della pena del vostro cliente, il signor Leonard Peltier, è stata attentamente valutata in questo ufficio e alla Casa Bianca, e la decisione che abbiamo raggiunto è che la decisione favorevole alla richiesta del vostro cliente non trova giustificazione. La richiesta del suo cliente è stata quindi respinta dal presidente il 18 gennaio 2017. In base alla Costituzione vigente, la decisione è inappellabile.”
Gli emblemi del dissenso politico, soprattutto se appartengono a minoranze etniche, non sono minimamente tollerati negli Stati uniti, quindi non hanno scampo. Ne sa qualcosa anche l’altro prigioniero politico, Mumia Abu Jamal, destinato come Peltier a marcire in prigione fino alla fine dei suoi giorni.
In tema di diritti umani, gli Stati uniti, che percentualmente sono i campioni mondiali delle incarcerazioni, come risulta anche dagli ultimi dati dello stesso Dipartimento di Giustizia, dovrebbero occupare gli scantinati della vergogna e del disonore e ormai in questo ambito non fa differenza se il presidente di turno sia democratico o repubblicano. Inutile quindi aspettarsi qualcosa di buono da Donald Trump.
Nonostante lo stesso procuratore capo nel caso Peltier ed ex procuratore degli Stati uniti James H. Reynolds avesse invitato Obama a concedere la clemenza, affermando che il rilascio del prigioniero Lakota sarebbe stato "nell'interesse della giustizia", la decisione del premio Nobel preventivo per la Pace ha messo una pietra tombale sulla vicenda del leader dell’Aim, ormai 72enne, condannandolo irrimediabilmente a morire in prigione. Un commiato stonato e disumano che forse Obama poteva risparmiarsi.

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